Tumore utero non curato: quando una mancata diagnosi, o una diagnosi tardiva, aggrava la situazione della paziente, allora si avrà diritto ad un risarcimento danni.
In condizioni normali le cellule che compongono l’utero femminile, o qualsiasi altro organo del nostro corpo, ormai “vecchie”, muoiono e vengono sostituite da cellule nuove che si creano spontaneamente.
A volte però succede qualcosa di anomalo: l’organismo comincia a produrre nuove cellule anche se quest’ultimo non ne ha bisogno e le cellule vecchie o malmesse non vengono debellate formando così la massa tumorale.
I tumori all’utero vengono classificati in due tipologie:
- benigni: non sono pericolosi per la salute, possono essere curati e asportati chirurgicamente senza episodi recidivi; non si diffondono nelle zone circostanti e quindi non producono metastasi.
- maligni: se non curati potrebbero rivelarsi pericolosi per la vita della paziente, possono essere asportati chirurgicamente ma esiste il rischio che il tumore si possa riformare; sono in grado di invadere le zone circostanti al suo sviluppo formando metastasi.
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Tumore utero: cause e fattori di rischio
La medicina odierna non è in grado di spiegare il perché una donna possa sviluppare un tumore all’utero: di certo vi è soltanto il fatto che se una donna presenta certi fattori di rischio è più propensa a contrarre tale tumore.
I fattori di rischio che potrebbero far insorgere il tumore uterino sono i seguenti:
- iperplasia endometriale: cioè la crescita eccessiva dell’endometrio, la grande quantità di cellule che si accumula nell’endometrio potrebbe dar vita ad un tumore maligno. Per impedire ciò lo specialista di solito consiglia un intervento chirurgico detto isterectomia, cioè la rimozione totale dell’utero, seguito da una terapia ormonale e visite periodiche.
- obesità: le donne obese corrono un rischio superiore di contrarre il tumore uterino.
- menarca prima dei 12 anni: avere avuto il primo ciclo mestruale prima dei 12 anni di età potrebbe essere una delle cause scatenati il tumore all’utero.
- menopausa dopo i 55 anni: essere “entrate” in menopausa dopo i 55 anni di età potrebbe comportare la formazione del tumore all’utero.
- assunzione di tamoxifene: l’assunzione di questo farmaco speciale, adatto per prevenire o curare il tumore al seno, potrebbe comportare l’instaurarsi del tumore uterino.
- radioterapia: se nel passato è stata effettuata la radioterapia, soprattutto nella zona pelvica, si è più soggette a contrarre il tumore all’utero.
- problemi di salute in famiglia: se la mamma o la sorella della paziente hanno avuto in passato un tumore all’utero, la donna presenta un maggior rischio di soffrire della stessa patologia.
- non avere avuto gravidanze
È pur vero che molte donne che presentano i fattori di rischio sopraelencati potrebbero non ammalarsi, e viceversa le donne che non hanno nessun sintomo e che non presentano nessun fattore di rischio potrebbero ammalarsi di tumore all’utero.
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Diagnosi errata del tumore uterino
Se presentate sintomi che porterebbero a pensare alla presenza di un presunto tumore all’utero, il medico a cui fate riferimento dovrebbe essere in grado di capire e cogliere ogni singolo sintomo per indagare sulla gravità della situazione.
Dovrebbe innanzitutto effettuare una visita ginecologica, per controllare lo stato di salute della vagina, dell’utero e delle ovaie; la visita ginecologica dovrebbe essere seguita da un’ecografia che permette di visualizzare, ove presenti, i tumori all’utero, per visualizzarli meglio si effettua un’ecografia transvaginale (ecografo inserito in vagina). Dopo di che dovrebbe eseguire una biopsia e cioè la rimozione di una piccola parte di tessuto per cercare eventuali cellule tumorali il quale verrà esaminato al microscopio.
Di solito questo è il protocollo che un medico specialista dovrebbe seguire in questi casi, ma purtroppo a volte non succede cosi. Può capitare che un medico non si accorga della presenza di un tumore all’utero.
Per capire meglio i danni che un medico negligente può causare vi riportiamo di seguito la storia di una donna a cui è stato curato male un tumore all’utero.
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I fatti si sono svolti nel nord Italia, precisamente a Torino, nel periodo che va da aprile a luglio 2016: la signora A. F. è entrata in sala operatoria per asportare un fibroma uterino in laparoscopia. Intervento pressoché facile per un medico specialista: sarebbe dovuta uscire dopo qualche giorno di degenza, ma la donna rimarrà ricoverata in stato vegetativo per 4 mesi, fino alla morte sopravvenuta il 28 luglio 2016.
Infatti durante l’operazione per l’asportazione del fibroma uterino le era stato bucato per errore il retto, e la signora iniziò ben presto ad accusare forti dolori. Il personale sanitario rassicurava la donna e la famiglia sulle condizioni di salute della stessa, ma in realtà la situazione era molto più grave di quel che sembrava.
Infatti durante l’operazione per l’asportazione del fibroma uterino le era stato bucato per errore il retto, e la signora iniziò ben presto ad accusare forti dolori. Il personale sanitario rassicurava la donna e la famiglia sulle condizioni di salute della stessa, ma in realtà la situazione era molto più grave di quel che sembrava.
Dopo il primo intervento, dove le era stato reciso il retto e dopo un ulteriore grave errore (dopo la recisione era stato praticato un clistere che ha aggravato nettamente la situazione, causando una gravissima infezione), la donna sembrava mostrare segni di ripresa, ma dopo qualche giorno la situazione precipitò, costringendo i medici a una rianimazione di urgenza che durò più di un’ora. La famiglia venne informata dell’accaduto soltanto 4 ore dopo, ovvero dopo che la TAC praticata alla signora segnalò gravi danni cerebrali permanenti.
I familiari hanno richiesto chiarimenti sull’accaduto presentando un esposto alla procura di Torino, la quale ha avviato un’inchiesta. Parallelamente anche l’azienda ospedaliera dove è avvenuto il fatto ha aperto un’indagine interna per individuare eventuali colpevoli e applicare i dovuti provvedimenti.
Il marito accusa il personale medico della carenza di tempestività di informazioni riguardanti lo stato di salute della moglie, ha dichiarato inoltre che le venivano somministrati soltanto ossigeno e antidolorifici che ovviamente non curavano la donna dai malesseri che presentava. Il primo obiettivo degli inquirenti sarà fare chiarezza sugli avvenimenti e individuare eventuali colpevoli all’interno dell’azienda ospedaliera.
L’accusa è di omicidio colposo. Sarà la procura a verificare eventuali errori e omissioni e a risarcire la famiglia della donna ove sia riconosciuto un indennizzo.
Conclusioni
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