Un caso di malasanità postoperatoria legato ad un errore medico dopo un intervento oncologico. Scopri come un ritardo diagnostico può causare il decesso e quando è possibile chiedere un risarcimento.
Introduzione
La malasanità postoperatoria è una delle forme più gravi di responsabilità medica ospedaliera. Un errore medico postoperatorio, come un ritardo diagnostico, può trasformare un intervento chirurgico riuscito in una tragedia. Soprattutto quando si interviene su un paziente oncologico, ancor di più se anziano o con condizioni cliniche complesse, l’attenzione nella fase postoperatoria deve essere massima.
La storia di Samuel è un caso di responsabilità medica ospedaliera emblematico. Doveva essere una procedura di routine per rimuovere un tumore al colon. Eppure, ciò che doveva rappresentare una tappa verso la guarigione si è trasformata in un incubo a causa di una gestione postoperatoria inadeguata, segnata da ritardi nella diagnosi e da un’assistenza clinica inefficiente che ha compromesso le sue possibilità di sopravvivenza.
In questo articolo analizzeremo come un errore medico postoperatorio, apparentemente secondario, possa trasformarsi in una tragedia per il paziente e per la sua famiglia. Comprendere quando si configura una responsabilità medica è fondamentale per tutelare i propri diritti e ottenere giustizia nei casi di malasanità.
Indice
1. Intervento oncologico e malasanità postoperatoria: il caso Samuel
Un errore medico postoperatorio non riconosciuto in tempo può costituire un chiaro caso di malasanità postoperatoria. Samuel, 73 anni, riceve una diagnosi di tumore del colon ascendente. I medici decidono di intervenire con una emicolectomia destra in laparoscopia, una procedura chirurgica comunemente eseguita nei pazienti affetti da carcinoma del colon. Si tratta di un intervento programmato, considerato di routine e apparentemente privo di complessità.
Samuel soffriva di sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS), aveva un enfisema polmonare ed era un forte fumatore. Queste condizioni, ben documentate nella sua anamnesi, avrebbero richiesto un monitoraggio postoperatorio estremamente accurato.
L’intervento viene eseguito senza apparenti problematiche intraoperatorie. La resezione viene portata a termine e il paziente è trasferito nel reparto di degenza. Fino a quel momento, tutto sembra procedere regolarmente. Tuttavia, proprio nella fase che avrebbe richiesto la massima attenzione — quella postoperatoria — si iniziavano a manifestare segni clinici che, se adeguatamente interpretati, avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi.
Quello che doveva essere un percorso di recupero si è trasformato in un caso emblematico di malasanità postoperatoria, in cui la mancata sorveglianza clinica ha compromesso le residue possibilità di sopravvivenza di un paziente fragile, già provato dalla malattia e dalle sue comorbidità.
2. Segnali ignorati e gestione clinica tardiva
Nel decorso postoperatorio di Samuel, il primo segnale di allarme arriva quando viene eseguita una TAC addome. L’esame mostra chiaramente segni compatibili con una sofferenza vascolare intestinale, un’indicazione precoce di possibile ischemia. In un paziente fragile e operato da pochi giorni, un quadro del genere richiede un intervento tempestivo: la revisione chirurgica immediata è, in questi casi, lo standard clinico consigliato per evitare la necrosi intestinale.
Il quadro clinico viene sottovalutato. Il mancato riconoscimento dei sintomi rappresenta un esempio tipico di gestione clinica tardiva, spesso alla base di gravi casi di malasanità. Nonostante l’evidenza radiologica ed i sintomi clinici in peggioramento — dolore addominale persistente, distensione dell’addome, segni infiammatori sistemici — il team medico non dispone alcuna rivalutazione chirurgica urgente. Al contrario, si attende. Si osserva. Si rimanda.
Nel frattempo, le condizioni di Samuel peggiorano rapidamente. L’intestino inizia a necrotizzarsi, cioè a morire per mancanza di apporto sanguigno. Il contenuto intestinale fuoriesce nei tessuti addominali, generando una peritonite e, da lì, un shock settico, una delle condizioni più gravi e difficili da trattare in ambito ospedaliero. Il suo corpo, già debilitato da altre patologie, non riesce a reagire con forza sufficiente.
Solo quando il quadro clinico era ormai compromesso, è stata effettuata una prima revisione chirurgica. Ma a quel punto l’intervento non è servito a nulla: è solo l’inizio di un lungo calvario, che vedrà Samuel sottoposto ad otto interventi chirurgici nel tentativo, vano, di contenere una situazione clinica ormai fuori controllo.
Questo ritardo, frutto di una gestione clinica superficiale, non solo ha prolungato inutilmente la sofferenza del paziente, ma ha contribuito in modo diretto a peggiorarne le condizioni, compromettendo definitivamente le sue residue possibilità di sopravvivenza. Un caso chiaro di errore medico postoperatorio e di responsabilità medica ospedaliera in cui il fattore tempo è stato fatale.
Scopri anche cosa succede quando la diagnosi è sbagliata
3. Errore medico postoperatorio e responsabilità dell’ospedale
Nella fase postoperatoria, il personale sanitario aveva il dovere di riconoscere tempestivamente i segni di una complicanza grave come l’ischemia intestinale ed agire con prontezza. L’errore medico postoperatorio ha rappresentato una chiara violazione della responsabilità medica ospedaliera.
Le prove documentate nella cartella clinica e nella consulenza tecnica d’ufficio (CTU) parlano chiaro: i sintomi di Samuel — dolore addominale intenso, alterazioni dei parametri vitali, distensione addominale, febbre e peggioramento dello stato generale — erano altamente suggestivi di una sofferenza viscerale. A questi segni clinici si è aggiunta una TAC, che mostrava già alterazioni compatibili con un’ischemia intestinale in atto. Tuttavia, nonostante queste prove, non è stato disposto alcun intervento chirurgico.
L’errore medico postoperatorio è stato principalmente il mancato riconoscimento tempestivo dei segnali clinici. Non si tratta di una complicanza imprevedibile, ma di una situazione evolutiva ampiamente prevenibile, che avrebbe potuto essere contenuta attraverso un’attenta osservazione clinica e l’applicazione rigorosa dei protocolli ospedalieri. In pazienti con sospetta ischemia intestinale, le linee guida cliniche raccomandano un approccio aggressivo e tempestivo, basato sulla rivalutazione chirurgica precoce per scongiurare l’evoluzione verso la necrosi.
La CTU sottolinea che la condotta del team medico si discosta dalle buone pratiche cliniche, evidenziando una responsabilità medica della struttura ospedaliera. Il mancato rispetto delle linee guida, unito alla valutazione clinica tardiva e agli interventi posticipati, ha determinato l’evoluzione irreversibile del quadro clinico: l’ischemia si è trasformata in necrosi intestinale, poi in peritonite diffusa ed infine in shock settico.
Questa catena di eventi, avviata e aggravata dall’errore iniziale, rappresenta una violazione del dovere di diligenza e prudenza da parte dei sanitari, configurando un caso di malasanità postoperatoria risarcibile secondo i criteri della responsabilità civile in ambito sanitario. In presenza di un danno così grave, la legge consente ai familiari del paziente deceduto di chiedere giustizia per la perdita subita.
Per approfondire come si valuta la responsabilità medica, leggi la nostra guida completa
4. Perdita di chance di sopravvivenza: quando è risarcibile
Una delle domande centrali che ci si pone di fronte a casi come quello di Samuel è: se i medici fossero intervenuti prima, si sarebbe potuto salvare? È una domanda difficile, che non ha risposte certe. Tuttavia, non serve la certezza assoluta per configurare una responsabilità giuridica. È qui che entra in gioco il concetto di perdita di chance di sopravvivenza.
La perdita di chance si applica proprio in quei casi in cui un errore medico riduce significativamente le possibilità di un esito favorevole — come la guarigione o la sopravvivenza — anche se non è possibile dimostrare con certezza che il paziente si sarebbe salvato. In altre parole, ciò che viene risarcito non è la morte in sé, ma la possibilità concreta che il paziente aveva di superare la crisi clinica, possibilità che è stata compromessa da ritardo, negligenza od omissione da parte del personale sanitario.
Nel caso di Samuel, la CTU è chiara: se il personale avesse riconosciuto tempestivamente i segni di ischemia intestinale e fosse intervenuto con un’adeguata revisione chirurgica, le possibilità di sopravvivenza sarebbero state sensibilmente maggiori. Non si può dire con certezza che l’intervento avrebbe garantito la guarigione, ma è certo che ogni ora trascorsa senza intervenire ha aggravato il quadro clinico. La necrosi si è estesa, la peritonite si è diffusa ed infine è sopraggiunto lo shock settico, una condizione spesso irreversibile nei pazienti fragili.
Dal punto di vista legale, è sufficiente dimostrare, attraverso una perizia medico-legale, che l’errore medico postoperatorio abbia compromesso in modo rilevante le probabilità di salvezza. In questi casi, la giurisprudenza riconosce un risarcimento per perdita di chance, proprio perché la condotta del personale ha privato il paziente di un’opportunità — per quanto non garantito — di sopravvivere.
La storia di Samuel dimostra che non è necessario che il trattamento omesso avrebbe sicuramente salvato la vita. Basta dimostrare che un intervento più tempestivo avrebbe aumentato in modo significativo le possibilità di successo. È proprio in questi casi che la responsabilità medica ospedaliera può essere accertata, portando al riconoscimento di un risarcimento per perdita di chance di sopravvivenza.
5. Malasanità postoperatoria: come ottenere il risarcimento
Nell’ambito della responsabilità medica, non ogni errore o ritardo nei tempi di diagnosi dà automaticamente diritto al risarcimento. Perché un ritardo diagnostico sia legalmente rilevante, è necessario dimostrare che l’errore medico ha avuto un impatto concreto sull’evoluzione clinica del paziente, aggravando la sua condizione o compromettendone le possibilità di sopravvivenza.
Nel caso di Samuel, questo nesso è stato chiaramente individuato: la mancata diagnosi tempestiva di ischemia intestinale ha permesso l’estensione della necrosi e lo sviluppo di una peritonite, conducendo allo shock settico fatale. In circostanze simili, la legge prevede il diritto al risarcimento, ma per ottenerlo è necessario seguire un percorso tecnico e legale ben preciso.
5.1 Il ruolo della perizia medico-legale e dell’ATP
Il primo passo è l’esecuzione di una perizia medico-legale che valutati se i sanitari hanno agito secondo le linee guida e le buone pratiche cliniche. La perizia deve inoltre accertare se vi sia stata negligenza, imprudenza ed imperizia, e soprattutto se tale condotta abbia avuto un’incidenza negativa sull’esito clinico.
Per rendere questa valutazione efficace anche in sede giudiziaria, si ricorre spesso all’Accertamento Tecnico Preventivo (ATP). Si tratta di uno strumento legale che consente di ottenere una consulenza tecnica da un perito nominato dal giudice. L’ATP permette alle parti di conoscere l’esito di una perizia indipendente e, spesso, di arrivare a una soluzione conciliativa con la struttura sanitaria o la compagnia assicurativa, evitando lunghi contenziosi.
5.2 Risarcimento per danno terminale e danno parentale
Quando un paziente muore a causa di un errore medico postoperatorio, i suoi familiari possono richiedere due tipi distinti di risarcimento: il danno terminale e il danno parentale.
- Il danno terminale è quello subito direttamente dal paziente tra il momento dell’aggravamento irreversibile e la morte. Riguarda la sofferenza consapevole, la paura, il dolore fisico e psicologico vissuto durante l’agonia. Anche se il paziente è deceduto, questo danno viene ereditato dai familiari, che possono richiederne il risarcimento.
- Il danno parentale, invece, è il danno subito dai congiunti per la perdita di un proprio familiare. Riguarda la sofferenza emotiva, il trauma psicologico e, in alcuni casi, anche le conseguenze economiche della perdita (come la mancanza di un reddito familiare, le spese funerarie o le cure prestate prima del decesso). Hanno diritto al risarcimento il coniuge, i figli, i genitori e, in alcune situazioni, anche i fratelli.
La quantificazione di questi danni viene effettuata sulla base di tabelle medico-legali e giurisprudenziali che comportano diversi fattori: la qualità del legame familiare, l’età del defunto, la convivenza ed il ruolo sociale ed affettivo all’interno della famiglia.
Leggi l’approfondimento su come scegliere il giusto avvocato per risarcimento danni
6. Conclusione
Il caso di Samuel dimostra quanto possa essere sottile il confine tra una complicanza gestibile e una tragedia evitabile. In ambito sanitario, il ritardo nell’intervenire può trasformarsi in un errore medico postoperatorio fatale, soprattutto quando non si rispettano i protocolli previsti per la gestione dei pazienti fragili per il quale si può chiedere un risarcimento per errore medico. Quando questo accade, non è solo il paziente a subire le conseguenze, ma anche i familiari, che si trovano privati di un affetto e spesso anche di un sostegno economico.
In queste situazioni, la legge offre strumenti concreti per far valere i propri diritti, ma non basta una semplice sensazione di ingiustizia: servono documenti, perizie, ricostruzioni tecniche affidabili. Ecco perché è fondamentale affidarsi a professionisti esperti in malasanità postoperatoria, capaci di accompagnarti in un percorso legale serio, fondato su basi medico-legali solide.
Se pensi che un tuo familiare abbia perso la vita a causa di un ritardo diagnostico o di un errore medico postoperatorio, potresti avere diritto a un risarcimento per perdita di chance di sopravvivenza e per danno parentale.
Contatta oggi stesso Aiuto Malasanità per una valutazione gratuita. I nostri esperti in responsabilità medica analizzeranno la tua documentazione e ti diranno se hai diritto ad un risarcimento per perdita di possibilità di sopravvivenza per malasanità postoperatoria.
Chiama il Numero Verde 800.100.222 o compila il modulo online per essere ricontattato senza impegno. La tua voce merita di essere ascoltata.
Author
-
Prof. Dott. Giovanni de Felice Specialista in Ginecologia ed Ostetricia Specialista in Endocrinologia e Sterilità Coniugale, Già docente presso la Scuola Medica Ospedaliera per la specializzazione in Ostetricia e Ginecologia, Già primario e responsabile del modulo di ostetricia presso l’Ospedale San Filippo Neri di Roma.