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Diagnosi sbagliata autismo: malasanità e risarcimento danni

Diagnosi sbagliata autismo

Diagnosi sbagliata Autismo: terapie sbagliate e risarcimento danni

Diagnosi sbagliata autismo: cosa comporta? A quali rischi si va incontro?

La scarsa capacità diagnostica è tutt’oggi una piaga globale, tanto che le Nazioni Unite nel 2007 hanno indetto la Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo, che ricorre il 2 aprile di ogni anno e che ha lo scopo sensibilizzare politici, istituzioni e società civile nella ricerca di rapide soluzioni.

La difficoltà della diagnosi

Pochi sanno ad esempio che oggi si ritiene sbagliato parlare di autismo ma di DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO (DSA) e che si dovrebbe ritenere questa malattia come una serie di varianti genetiche (lo spettro) dalle cause conosciute soltanto nel 20% dei casi. La severità delle conseguenze può andare da un ritardo cognitivo con compromissione totale delle capacità comunicative all’alto funzionamento con capacità cognitive intatte (come gli Asperger). Questi ultimi soggetti possono spesso non manifestare la malattia, poiché i disturbi passano spesso inosservati, in quanto si limitano a una differente organizzazione percettiva e delle competenze sociali definita neurodiversità.  E proprio la neurodiversità spesso non viene né riconosciuta né tanto meno diagnosticata, e anzi viene trattata come patologia con interventi “normalizzanti”, che violano la natura della persona stessa.

 

Secondo le stime ben un bambino su 68 è affetto da DSA, anche se in Italia non esistono dati ufficiali. Da noi ci si limita a dire che sono circa 600.000 le famiglie italiane che convivono con l’autismo. Anche se probabilmente si tratta di un dato sottostimato, proprio per via delle difficoltà di diagnosi. Infatti spesso le forme più lievi dello spettro vengono scambiate con altre patologie (come il disturbo ossessivo compulsivo, l’adhd , esordi psicotici, ecc)

 

Sarà forse per questo che l’autismo non riesce ad entrare a pieno titolo nell’agenda della programmazione sanitaria regionale e nazionale? Infatti quasi sempre sono le famiglie e le associazioni a farsi carico del progetto terapeutico e dei costi delle cure.” (Riccardo Alessandrelli, neuropsichiatra)

 

La difficoltà di diagnosi risiede nel fatto che la patologia viene diagnosticata facendo riferimento esclusivamente a dei criteri comportamentali, e non trova sostegno né in indagini strumentali né in indagini di laboratorio.

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I disastri provocati da una diagnosi sbagliata di autismo

Quando i medici si sbagliano a diagnosticare l’autismo il soggetto incorre in una sofferenza psichica che quasi sempre dà luogo all’instaurarsi di altre patologie. Questo perché i trattamenti errati non migliorano il quadro sensoriale che diventa sempre più invasivo e causa di isolamento sociale. E come se non bastasse i tempi per ottenere una diagnosi da strutture pubbliche competenti sono biblici: anche più di un anno, con la conseguenza che nel frattempo la situazione si aggrava.

Ma anche dopo aver ottenuto la diagnosi poi la difficoltà sta nel trovare gli specialisti adatti alla gestione della situazione, perché quasi mai le ASL dispongono di personale specializzato né protocolli terapeutici uniformi. Anche quando si può accedere alle terapie offerte da SSN è possibile beneficiarne per poche ore, invece è importante che i bambini vengano stimolati quotidianamente; le terapie spesso non sono neppure specifiche per l’autismo.

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Il dramma degli adulti autistici

Ma l’aspetto più assurdo è quello che riguarda gli adulti autistici: dopo i 18 anni la psichiatria italiana non riconosce più la diagnosi di autismo, e i ragazzi affetti da autismo diventano schizofrenici, psicotici, epilettici, o comunque persone affette da un generico “handicap mentale grave”. Così i più fortunati iniziano una serie di terapie farmacologiche spesso inadeguate; agli altri tocca la reclusione presso strutture residenziali o semiresidenziali, quasi mai preparate ad affrontare la malattia. Così si vanificano spesso i risultati portati avanti fino a quel momento, e si rischia la deriva. Ben il 50% dei ragazzi autistici si affida ai servizi sociali, che spesso li inserisce negli stessi centri diurni dei malati psichiatrici anche gravi.

Per non parlare della prospettiva lavorativa: dopo i venti anni solo il 10% di loro lavora, un altro 10% frequenta scuole o corsi, mentre 21,7% sta a casa.

 

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E se viene diagnosticato un autismo che non c’è?

A volte succede anche il contrario: il medico diagnostica un autismo che invece non c’è, magari un disturbo dell’attenzione o un’iperattività confusa con lo spettro autistico. Ovviamente anche questo grave errore medico può portare a conseguenze notevoli e, quindi, essere oggetto di risarcimento danni. Innanzitutto perché si trascura di curare il problema reale, e magari si mettono in campo terapie sbagliate e approcci inadatti; e poi perché una diagnosi tanto pesante getta nello sconforto i genitori, che si ritroveranno a vivere giorni, mesi o anni nella preoccupazione e nell’angoscia.

A conferma di quanto appena detta una sentenza della Corte di cassazione (sentenza numero 1511/2007), che dice:

“poiché l’intervento del medico riguarda non tanto o non solo la fisicità del soggetto ma la persona nella sua integrità (si cura non la malattia ma il malato), è ragionevole ritenere che eventuali errori diagnostici compromettano, oltre alla salute fisica, l’equilibrio psichico della persona, specie se l’errore – come nel caso di specie – riguarda la diagnosi di malattie assai gravi e comunque in grado di pregiudicare grandemente la serenità del paziente”.

E anche:

“Peraltro, ad essere compromessa è non solo (o non tanto nel caso di specie, vista la tenera età in cui di solito viene eseguita la diagnosi di autismo) la sfera del paziente che ha subito l’errata diagnosi, ma anche (e talvolta soprattutto) quella dei suoi prossimi congiunti, che subiscono delle ripercussioni dirette sulla propria emotività.”(sentenza numero 14040/2013).

 

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