Introduzione
Quando si parla di responsabilità medica, si tende spesso a pensare soltanto alla figura del medico. In realtà, il nostro ordinamento attribuisce precise responsabilità anche alla struttura sanitaria, sia essa pubblica (come un ospedale o un ASL) sia privata (come una clinica o casa di cura convenzionata). Le cure mediche non sono mai frutto del solo operato del singolo professionista: dietro ogni intervento c’è un sistema organizzato, fatto di reparti, protocolli, personale e risorse che devono funzionare in modo coordinato. E quando questo sistema fallisce, può configurarsi una responsabilità giuridica risarcibile.
La responsabilità medica della struttura sanitaria si manifesta, per esempio, quando viene omesso il controllo sulle condizioni igieniche, quando il personale medico è inadeguato o carente e, ancora, quando non vengono rispettati i tempi per un intervento urgente.
Negli ultimi anni, anche grazie alla Legge Gelli-Bianco (Legge 24/2017), il quadro normativo si è evoluto, introducendo nuove tutele per i pazienti e definendo con maggiore chiarezza i criteri per accertare la colpa professionale medica e la responsabilità civile dell’ospedale pubblico o della clinica privata.
In questo articolo vedremo:
- Cosa prevede la Legge Gelli per la responsabilità sanitaria e quali sono le principali questioni processuali collegate al nesso di causalità in responsabilità medica tra errore e danno;
- Quando la struttura sanitaria risponde in via contrattuale nei confronti del paziente;
- Come viene inquadrata la responsabilità civile del medico e degli operatori sanitari.
Indice
1. La Legge Gelli sulla responsabilità medica: nesso causale e regole processuali
2. Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria
3. La responsabilità civile del medico e dei singoli operatori sanitari
1. La Legge Gelli sulla responsabilità medica: nesso causale e regole processuali
La Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) ha segnato un punto di svolta nella disciplina della responsabilità medica e sanitaria, introducendo norme che coinvolgono non solo i medici, ma anche le strutture sanitarie pubbliche e private. Il suo obiettivo principale è stato quello di garantire maggiore sicurezza nelle cure per tutelare i diritti del paziente ed allo stesso tempo ridurre il contenzioso medico-legale, stabilendo un quadro normativo più chiaro in materia di colpa professionale medica e di accertamento del nesso causale per i professionisti della salute.
Al centro della riforma Gelli vi sono due elementi fondamentali: le regole relative all’accertamento del nesso di causalità e la ripartizione della responsabilità tra medico e struttura sanitaria. La norma distingue infatti tra la responsabilità extracontrattuale del medico (art. 2043 c.c.) e la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria (art. 1218 c.c.). Questa distinzione ha importanti conseguenze processuali e probatorie, soprattutto in sede giudiziale.
1.1 Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: differenze e implicazioni
Una delle principali novità della Legge Gelli è la distinzione tra:
- Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria (ai sensi dell’art. 1218 c.c.);
- Responsabilità extracontrattuale del singolo sanitario (ai sensi dell’art. 2043 c.c.).
Questa differenziazione ha importanti effetti pratici sul piano processuale.
Nel caso della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria pubblica o privata, spetta al paziente dimostrare:
- di aver instaurato un rapporto con la struttura, provando l’esistenza del contratto. Basta anche solo dimostrare il ricovero o la prenotazione di una prestazione;
- di aver subito un danno;
- che il danno sia riconducibile alla mancata o inadeguata esecuzione della prestazione sanitaria.
Sarà invece la struttura a dover dimostrare di aver agito correttamente e con diligenza e che il danno si è verificato per fattori non imputabili alla propria condotta, ovvero che il danno è stato causato da un evento imprevedibile e inevitabile.
Per il singolo medico, invece, si applicano le regole della responsabilità extracontrattuale: il paziente ha l’onere di provare l’errore del professionista (il carattere evitabile dell’evento lesivo), il nesso causale con il danno, la colpa del sanitario, rendendo la posizione del paziente, in questo caso, più onerosa.
1.2 Il nesso causale nella responsabilità medica
Un altro elemento centrale nella Legge Gelli è l’accertamento del nesso di causalità, ovvero la dimostrazione che la condotta del sanitario (o della struttura) abbia provocato, con adeguato grado di probabilità, il danno (come una lesione permanente o il decesso del paziente).
A differenza di altri ambiti del diritto civile, in ambito medico si utilizza un criterio probabilistico: il giudice dovrà valutare, sulla base della consulenza tecnico-medica eseguita da un medico-legale, se l’evento dannoso sia “più probabile che non” conseguenza dell’errore medico.
In pratica, è sufficiente dimostrare che la condotta colposa abbia ridotto in modo significativo le possibilità di guarigione o di sopravvivenza del paziente (perdita di chance), anche senza la certezza assoluta della correlazione tra errore e danno.
1.3 Il ruolo della CTU medico-legale
Nelle cause per responsabilità medica ospedaliera, la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) è il principale strumento per accertare la verità dei fatti. È attraverso la CTU che vengono valutati:
- la presenza o meno di una colpa professionale medica (negligenza, imprudenza o imperizia);
- l’esistenza del nesso causale tra condotta e danno;
- l’entità del danno risarcibile;
- la correttezza della condotta sanitaria rispetto alle linee guida e alle buone pratiche cliniche.
La CTU diventa quindi l’elemento centrale attorno al quale ruota l’intero processo: è su questa base che il giudice prenderà le sue decisioni, sia in fase di accertamento tecnico preventivo (ATP) che in giudizio ordinario. L’Accertamento Tecnico Preventivo (ATP) è uno strumento previsto proprio dalla Legge Gelli per agevolare la definizione stragiudiziale dei contenziosi e favorire una soluzione bonaria tra paziente e struttura sanitaria o compagnia assicurativa.
Per approfondire leggi anche l’articolo sulla Legge Gelli
2. Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria
La struttura ospedaliera pubblica o privata risponde a titolo di responsabilità contrattuale per i danni derivanti da una prestazione sanitaria non conforme agli standard di diligenza, sicurezza e correttezza. Ciò comporta che, rispetto alla responsabilità del medico, la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria presenta vantaggi per il paziente, soprattutto in termini di onere della prova in caso di errore sanitario: basterà infatti provare il contratto (anche solo di fatto), il danno e l’inadempimento, lasciando alla struttura l’onere di dimostrare di avere agito correttamente.
2.1 Contratto di spedalità: il fondamento giuridico
La responsabilità contrattuale della struttura sanitaria discende dal cosiddetto “contratto di spedalità”, ovvero un contratto atipico che si instaura nel momento stesso in cui il paziente accede alla struttura per essere curato, indipendentemente dalla stipula di un accordo formale. Tale rapporto comporta l’obbligo per l’ospedale di fornire una prestazione sanitaria conforme agli standard di diligenza e sicurezza previsti per legge e dalle buone pratiche cliniche.
Questo contratto include non solo l’obbligo di cura, ma anche quello di vigilare, organizzare e informare il paziente in modo corretto. In caso contrario, si configura una responsabilità medica ospedaliera per gestione clinica inadeguata o mancata adozione di misure idonee alla sicurezza del paziente.
In caso di inadempimento — per esempio a causa di un errore medico, un’omissione assistenziale o la mancata adozione di misure di prevenzione — il paziente ha diritto a chiedere un risarcimento del danno, in base agli articoli 1218 e 1228 del Codice Civile.
L’art. 1218 del C.C. prevede che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
2.2 Struttura sanitaria e responsabilità per fatto altrui
Secondo l’art. 1228 del C.C., la struttura sanitaria risponde anche per il fatto colposo dei propri ausiliari, compresi medici, infermieri, tecnici e operatori.
Anche se i singoli operatori sanitari — come medici convenzionati o infermieri — non risultano dipendenti diretti, la struttura sanitaria pubblica o privata risponde comunque per il danno da errore sanitario, come previsto dall’art. 1228 se l’attività si è svolta nell’ambito dell’organizzazione sanitaria.
Questo significa che, anche se l’errore è stato materialmente commesso da un professionista esterno, la struttura ospedaliera può essere comunque tenuta a risarcire i danni, salvo poi esercitare eventualmente un’azione di rivalsa nei confronti del singolo operatore sanitario.
2.3 Strutture pubbliche e private: quali differenze?
Dal punto di vista della responsabilità civile, non esiste differenza sostanziale tra strutture pubbliche e private: entrambe rispondono contrattualmente nei confronti del paziente. Tuttavia, nel caso delle aziende sanitarie pubbliche, il contenzioso può essere sottoposto ad alcune specificità procedurali che non ricorrono per le strutture private.
In ogni caso, il paziente danneggiato potrà agire nei confronti dell’ente ospedaliero con una domanda giudiziale o tramite accertamento tecnico preventivo (ATP), al fine di ottenere un risarcimento per le conseguenze derivanti dalla gestione clinica inadeguata o negligente della struttura.
2.4 Quali obblighi ha la struttura?
In sintesi, la struttura sanitaria è responsabile quando:
- non garantisce un’adeguata organizzazione del personale o dei turni di sorveglianza;
- non mette a disposizione attrezzature, strumenti e farmaci necessari;
- non adotta protocolli aggiornati o non vigila sull’operato dei propri medici;
- non informa correttamente il paziente, ostacolando un consenso informato consapevole;
- non agisce tempestivamente in caso di peggioramento clinico.
In tutte queste ipotesi, si configura una responsabilità medica ospedaliera che, se accertata, dà diritto ad un risarcimento per malasanità, comprensivo di danno biologico, morale, patrimoniale e da perdita di chance, da far valere attraverso una valutazione medico-legale e l’eventuale azione legale risarcitoria.
Leggi anche la nostra guida completa al risarcimento per errore sanitario
3. La responsabilità civile del medico e degli operatori sanitari
Nel contesto della responsabilità sanitaria, il singolo operatore — che si tratti di un medico, un infermiere, ecc. — può essere chiamato a rispondere civilmente dei danni cagionati al paziente durante l’esercizio delle sue funzioni.
3.1 Il medico e la responsabilità extracontrattuale
A partire dalla Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), è stato chiarito che il medico risponde a titolo di responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 del Codice Civile, salvo che non abbia agito nell’ambito di un rapporto contrattuale diretto con il paziente (come nel caso del libero professionista intramoenia).
La responsabilità del medico sussiste quando egli ha agito con negligenza, imprudenza o imperizia, oppure ha violato le linee guida o le buone pratiche clinico-assistenziali applicabili al caso. Il giudice, in tal senso, deve sempre valutare se la condotta del professionista sia stata conforme al livello di diligenza richiesto, anche alla luce della specializzazione esercitata (art. 1176, co. 2, c.c.).
3.2 Implicazioni pratiche per i pazienti
Per il paziente, questa distinzione comporta alcune conseguenze rilevanti:
- Onere della prova: Nel caso di responsabilità extracontrattuale, il paziente deve fornire prove concrete della colpa del medico, dell’esistenza del danno e del nesso causale tra condotta e danno.
- Termini di prescrizione: La responsabilità extracontrattuale prevede un termine di prescrizione di cinque anni, a differenza dei dieci anni previsti per la responsabilità contrattuale.
3.3 Infermieri e altri operatori sanitari: una responsabilità autonoma
La responsabilità civile può estendersi anche a tutti gli operatori sanitari che, pur non essendo medici, esercitano funzioni clinico-assistenziali rilevanti. Pensiamo, ad esempio, a:
- Infermieri che non segnalano tempestivamente un peggioramento clinico;
- Tecnici di radiologia che eseguono un esame in modo errato;
- Ostetriche che non monitorano correttamente il tracciato cardiotocografico;
- Operatori socio-sanitari che non prestano la dovuta assistenza di base.
In questi casi, l’operatore sanitario può essere ritenuto direttamente responsabile del danno causato al paziente, sempre nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, se si accerta una condotta colposa, imprudente od omissiva.
La giurisprudenza ha affermato che anche per queste figure vale il principio dell’autonomia professionale nei limiti delle competenze assegnate per legge o per regolamento: l’infermiere, ad esempio, non può prendere decisioni mediche, ma ha il dovere di vigilare sullo stato clinico del paziente, segnalare le anomalie ed attuare le prescrizioni in modo corretto (Cass. Civ. n. 26303/2019).
3.4 Collaborazione tra équipe: responsabilità concorrente
Va inoltre considerata l’ipotesi della responsabilità in équipe, dove il danno al paziente è il risultato di una serie di omissioni o di errori commessi da più soggetti. In questi casi, il giudice può accertare una responsabilità concorrente, in cui ciascun operatore risponde nei limiti della propria condotta, tenendo conto del principio di affidamento (Cass. Civ. n. 8254/2011).
L’errore clinico, pertanto, non è sempre attribuibile ad un solo soggetto, ma può essere frutto di un malfunzionamento del team assistenziale, dove la mancanza di comunicazione, il ritardo nelle segnalazioni o la non corretta esecuzione delle direttive mediche hanno contribuito all’evento dannoso.
4. Conclusione
La Legge Gelli-Bianco ha introdotto regole più definite per stabilire il nesso di causalità e regolare i profili processuali della responsabilità medica in ambito civile. Allo stesso tempo, ha ribadito la necessità di adottare linee guida, protocolli e buone pratiche cliniche.
Mentre il medico risponde in genere a titolo di responsabilità extracontrattuale, la struttura sanitaria è chiamata a rispondere contrattualmente per tutte le prestazioni rese al paziente, anche in caso di errore da parte di personale non dipendente.
Il consenso informato, inoltre, rappresenta un ulteriore pilastro giuridico, la cui violazione può dar luogo ad un risarcimento autonomo.
Leggi il nostro approfondimento per saperne di più sul consenso informato.
Sapere come si struttura la responsabilità sanitaria è fondamentale per difendere i propri diritti e comprendere se si è vittima di malasanità. In tal caso, ottenere giustizia ed un risarcimento per errore medico è un tuo diritto.
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