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Tempi per denunciare medico: malasanità e prescrizione

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Tempi per denunciare medico: quali sono i tempi di prescrizione entro i quali è possibile chiedere un risarcimento danni causati da malasanità e sporgere denuncia?

Tempi per denunciare medico: quando si subiscono le conseguenze della malasanità, soprattutto se queste sono gravi e permanenti, si ha il diritto di richiedere un risarcimento danni e il dovere di denunciare. Ma ci sono dei termini di prescrizione entro i quali muoversi: è infatti possibile sporgere denuncia contro il medico o l’ospedale (leggi: “Denunciare l’ospedale o il medico? Responsabilità medica e risarcimento danni“) entro un certo periodo, vediamo quale.

In giurisprudenza si parla di prescrizione riferendosi al tempo che si ha a disposizione al fine di far valere in giudizio i propri diritti. Il diritto di avanzare la richiesta risarcitoria diventa prescritto se i termini fissati dalla legge scadono.

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In che momento i tempi di prescrizione iniziano a decorrere?

I termini di prescrizione variano a seconda che ci si trovi davanti a una denuncia di natura extracontrattuale o contrattuale (responsabilità ascrivibile all’ospedale o al medico), che sono di 10 anni per quella contrattuale e di 5 anni per quella extracontrattuale.

Ma occorre fare una precisazione importantissima e che cambia sensibilmente questo dato: è vero che il diritto al risarcimento si prescrive in 10 o 5 anni dal giorno in cui l’illecito si è verificato, ma in alcuni casi il tempo inizia a decorrere nel momento in cui il danno si è manifestato. Questo interessa prevalentemente i casi di malattie lungolatenti, ovvero quelle che si manifestano diverso tempo dopo l’evento patogeno che l’ha causata, e quindi il fatto di malasanità. Se vogliamo fare un esempio pratico possiamo far riferimento alla contrazione di malattia da contagio, che sia stata provocata da fatto colposo o doloso.

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Infatti spesso, dal momento del contagio a quello della manifestazione dei danni della malattia, intercorre un certo lasso di tempo, e la correlazione tra la malattia e la causa scatenante non avviene subito; questo accade ad esempio nei casi di emotrasfusione infette, come quelli citati sull’articolo che vi abbiamo appena invitato a leggere.

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Ovviamente non si può, in questi casi, far decorrere il termine di prescrizione dal momento in cui si è manifestato l’errore del medico nello svolgere la sua professione: semmai dal momento in cui il paziente prende consapevolezza dei danni subiti, e quindi dalla manifestazione evidente della malattia.

Prescrizione risarcimento danni: cosa è cambiato con la nuova legge Gelli

Prescrizione risarcimento danni: con il nuovo decreto legge Gelli – Bianco vengono introdotti alcuni cambiamenti profondi nella determinazione dei tempi di prescrizione utili alla denuncia di eventi di malasanità. Viene introdotto il concetto di doppio binario, che di fatto ha dimezzato i termini di prescrizione legati alle azioni rivolte al personale sanitario rispetto a quelli rivolti alla struttura.

La legge Gelli, che affronta Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, che incide sulla responsabilità degli operatori sanitari, sia da un punto di vista civilistico che penalistico, è entrata in vigore il 1° aprile 2017.
Ha portato con sé notevoli cambiamenti in molti aspetti per quello che riguarda la responsabilità medica, compresi i tempi di prescrizione dell’azione per il risarcimento dei danni subiti dal paziente. Ma il cambiamento più grande riguarda il fatto che viene invertito l’onere della prova.
La legge Gelli infatti sancisce il superamento della responsabilità da contatto sociale, secondo la quale il medico assumeva specifici obblighi di protezione nei confronti del paziente, e qualora li avesse violati avrebbe dovuto risarcire il danno nelle forme della responsabilità contrattuale.
Prima del decreto era il medico che per discolparsi doveva dimostrare che il danno riportano della prestazione non era conseguito da una causa a lui imputabile; da marzo invece è il paziente che deve dimostrare la colpa del medico, fornendo prove dell’evento (la lesione), prove sulla causa (colpa del medico), e prove sul nesso di causalità tra condotta ed evento. Ora invece dovrà essere il paziente a dare prova dell’inadempimento e dell’entità del danno, mentre il medico, o l’ospedale, dovrà dimostrare, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio, che il danno è avvenuto per cause a lui non imputabili.
Occorre fare una specifica sulla natura contrattuale della responsabilità della struttura: in questo caso le prove dovrà fornirle la struttura stessa, con la conseguenza che il paziente potrà limitarsi a dedurre in giudizio l’inadempimento qualificato e tecnico dell’ente che lo ha curato.

Cos’è il “doppio binario” della responsabilità medica: la riforma, come dicevamo, ha introdotto un concetto che configura una sorta di “doppio binario” in materia di responsabilità civile, decretando che la responsabilità civile dei sanitari è di natura extracontrattuale (seppur con l’eccezione di coloro che agiscono in esecuzione di un’obbligazione contrattuale assunta direttamente con i pazienti) mentre quella delle strutture sanitarie, siano esse pubbliche o private, è sempre di natura contrattuale.

Le Sezioni Unite, in merito all’orientamento giurisprudenziale minoritario che vorrebbe il decorrere della prescrizione dal momento in cui si manifesta l’atto lesivo, affermano:

“Il sistema della prescrizione si poneva dunque nettamente sbilanciato a favore dei convenuti (i responsabili dell’errore medico .ndr), con ovvie ricadute negative per gli attori, soprattutto nei casi aventi per oggetto la violazione di un bene tanto importante quanto quello costituito dalla salute”.

Inoltre le Sezioni Unite precisano che ad impedire il decorrere della prescrizione dal momento in cui viene compiuto l’illecito non è soltanto l’ignoranza della vittima sull’esistenza della malattia o comunque del danno patito, ma proprio l’irriconoscibilità e l’impercettibilità del danno.

La mancata manifestazione della malattia quindi può quindi impedire il decorrere dei tempi di prescrizione.

La giurisprudenza della Cassazione ha dato una diversa e moderna interpretazione della lettura dell’art. 2947 c.c., nel quale si afferma che il diritto al risarcimento del danno si prescriva in cinque anni dal giorno in cui “il fatto si è verificato”; l’art. 2935 c.c., inoltre prevede che:

Art. 2935 c.c.: La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

Tutto si concentra in quel “verificarsi del danno”: i tempi non dovrebbero neanche decorrere da quando il paziente si accorge che qualcosa non va della propria condizione di salute, ma da quando il danno si verifica all’esterno dal momento in cui diventa oggettivamente percepibile e riconoscibile, dal momento in cui si trova nella condizione di poter valutare e comprendere appieno la gravità delle conseguenze lesive derivanti dall’errore medico. E spesso la legge si rifà a questo concetto purché il legale sia in grado di rafforzarlo e motivarlo.

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